martedì 28 maggio 2024
19.03.2012 - redazione

Martedì Letterari: "Cosa resta dell'Occidente" con Gian Enrico Rusconi

Martedì prossimo al Teatro dell’Opera del Casino' alle ore 16.30, Gian Enrico Rusconi presenta il libro:” Cosa resta dell’Occidente. La secolarizzazione e le sue conseguenze”

 

La brutalità della crisi in corso smentisce la (presunta) razionalità del sistema economico-finanziario e produce mutazioni culturali e politiche che mettono in questione l’idea stessa di razionalità su cui si è costruita la civiltà dell’Occidente. Ne sono convinti non solo i presupposti normativi della democrazia ma l’insieme dei cosiddetti “valori occidentali”.

In “Cosa resta dell'Occidente” Gian Enrico Rusconi riesamina i criteri della razionalità occidentale ripercorrendone i passaggi essenziali – dalla ridefinizione della modernità al confronto con le altre culture, sino all'elaborazione della scienza dell'uomo-natura. Soltanto affrontando questi problemi possiamo recuperare quella razionalità senza la quale l'Occidente rischia di perdere se stesso.

Rusconi apre il suo trattato con la particella post.

“ Dopo l’irresistibile invasione del post moderno e della sua narrativa, tutto è diventato post. Post-ideologico, post-secolare, post-metafisico, post-democratico,post –cristiano,post –eroico… Noi ci sentiamo sempre il dopo di qualcosa, da cui non sappiamo emanciparci concettualmente. La tentazione di parlare di post-Occidente è forte, ma la eviteremo. Dobbiamo capie che cosa è diventata per noi quella che le scienze sociali classiche del primo Novecento chiamavano “l’essenza dell’occidente” la “razionalità”….

E ancora un altro estratto

La prima (e più frequente) accusa all’Occidente da parte dei suoi nemici è il suo secolarismo, anche se diversamente definito e connotato. In effetti, secondo la classica lezione weberiana, il processo di razionalizzazione e intellettualizzazione occidentale del mondo ha come componente essenziale il «disincantamento » (Entzauberung) prodotto dallo sviluppo delle scienze, che alla fine porta ad «un tempo senza Dio e senza profeti». Oggi si preferisce parlare di secolarizzazione dando a questa espressione significati e contenuti più complessi. Tra l’altro, si sostiene che molti autori della scienza sociale e politica europea del Novecento si siano sbagliati nel prevedere la sostanziale estinzione o emarginazione della religione. Per la verità, l’atteggiamento di Weber è stato più articolato. Nonostante il suo agnosticismo, infatti, ha sempre considerato l’esperienza religiosa una «sfera vitale», profonda e decisiva (a fianco di quella erotica), nel contrasto insuperabile e irrisolto tra «razionale» e «irrazionale».

Naturalmente il razionalismo può condurre all’ateismo in senso stretto, considerato dai credenti un disvalore assoluto, pur essendoci, su questo punto, opinioni e giudizi divergenti [...].

Oggi assistiamo però ad un fenomeno diverso, spesso chiamato «il ritorno pubblico della religione». La proclamata riscoperta delle radici cristiane occidentali è segno di un’inversione del processo di secolarizzazione inteso o frainteso come progressiva estinzione della religione? L’Occidente, in particolare l’Europa, sta forse correggendo il suo «peccato di razionalismo»? Ma si tratta di un autentico risveglio di fede oppure l’attuale richiamo al cristianesimo funziona in Occidente semplicemente come identikit socio-culturale nella competizione del mercato mondiale delle religioni e delle culture, in particolare nei confronti dell’Islam che preme di nuovo ai confini geografici e culturali dell’Europa?

In Occidente, in Europa soprattutto, le chiese e le religioni godono oggi di una deferenza pubblica, surrogato (forse) di un’effettiva nuova intensità di comportamento religioso. Nel caso italiano si può parlare persino di surrogato di «religione civile» da parte della religione-di-chiesa basato sull’equivoco di misurare i criteri dell’etica pubblica sulle indicazioni della dottrina della Chiesa (senza preoccuparsi dell’effettiva adesione ad essa dei comportamenti dei cittadini che si dichiarano credenti). Ma ciò che colpisce maggiormente è l’impoverimento teologico della comunicazione religiosa, tutta assorbita dalla preoccupazione per «i valori», a loro volta monopolizzati dai temi della «vita» e della «famiglia naturale», sostenuti e trattati con fragili argomentazioni teologiche. I temi «valoriali» di oggi, infatti, faticano ad essere articolati secondo le verità dogmatiche che hanno fondato teologicamente il cristianesimo (rivelazione, salvezza, incarnazione, redenzione). Sono trattati come discorsi «antropologici» sostitutivi di quelli teologici in senso proprio. Se è così, allora quella che viene definita età post-secolare, salutata come smentita della secolarizzazione, ne è in realtà una variante.

Gian Enrico Rusconi è professore emerito di Scienza politica presso l'Università di Torino, Fellow del Wissenschaftskolleg di Berlino e Gastprofessor nella Freie Universität di Berlino, nel 1997 ha vinto la Goethe-Medaille, assegnata dai Goethe-Institute tedeschi agli studiosi stranieri che hanno contribuito all’arricchimento dei rapporti tra la cultura tedesca e l’estero.

Il 27 marzo Giovanni Filoramo relazionerà sulla sua opera “La croce e il potere. Cristiani da martiri a persecutori.”


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